Per ogni vittima di un sistema ingiusto. Con la Palestina che resiste.

La questione palestinese vive di una serie di complessità che la possono rendere difficile da inquadrare nel suo insieme, col rischio di focalizzarsi solo sugli ultimi avvenimenti più mediatizzati. A queste difficoltà si aggiunge quella di riuscire a districarsi nelle informazioni sempre narrate da un punto di vista occidentale ed eurocentrico poiché nessuno di noi…

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Bandiere palestinesi e striscione "Palestina libera" alla manifestazione del 12 aprile

La questione palestinese vive di una serie di complessità che la possono rendere difficile da inquadrare nel suo insieme, col rischio di focalizzarsi solo sugli ultimi avvenimenti più mediatizzati. A queste difficoltà si aggiunge quella di riuscire a districarsi nelle informazioni sempre narrate da un punto di vista occidentale ed eurocentrico poiché nessuno di noi vive direttamente le contraddizioni di quella regione sulla propria pelle. La narrazione che l’Occidente ha creato attorno alla questione palestinese ci racconta di uno stato israeliano, considerato unica democrazia del Medio Oriente, vessato dalla violenza di gruppi di terroristi che vorrebbero distruggere la libertà portata con fatica in una terra barbara e incivile. Questa narrazione si dichiara promotrice di una verità oggettiva ma è evidente che non sia altro che la narrazione legittimante di un oppressore.

Ciò che è bene precisare,è proprio l’impossibilità di un paese colonizzatore di offrire una narrazione oggettiva e non faziosa di una guerra che ha scatenato, che incentiva tutt’oggi attraverso l’odio ed il perbenismo, e che nasconde o nega il suo coinvolgimento nel genocidio di un popolo che, strumentalmente, demonizza.

Nel ricostruire quello che sta succedendo in questi giorni, non può che essere di parte concentrarsi sull’ultima escalation non considerando tutti i pregressi. Nel 1948, dopo la fine del mandato britannico, il tentativo già provato di spartizione su risoluzione dell’ONU fallisce immediatamente. L’entità sionista attuava già da decenni una violenta politica di sterminio ai danni della popolazione palestinese. In questo stesso anno ha luogo l’evento più disastroso per il popolo palestinese, la Nakba “la distruzione”: più di 800.000 palestinesi furono mandati via dalle loro case, i loro villaggi, le loro città, più di 15.000 palestinesi furono uccisi. Da allora, la popolazione palestinese ha subito una violenza sistematica da parte dell’entità sionista venendo privata dei propri diritti, deportata e segregata in una frazione di territorio sempre più controllata dalla forza occupante, mentre nuovi insediamenti sionisti venivano fondati e le insurrezioni popolari dei palestinesi represse nel sangue. 

 Anche solo volendo osservare un periodo di tempo ristretto e vicino a noi, nei dodici anni che vanno dal 2008 al 2020, i morti palestinesi sono stati oltre cinquemila e il numero negli ultimi tre anni, nonostante il periodo pandemico, non ha fatto che aumentare vista l’ultima ondata di violenza sionista nei confronti della popolazione palestinese. Nei decenni, una serie di movimenti di fazioni politiche ha provato ad organizzare la resistenza del popolo palestinese: tra di esse si inserisce anche Hamas,partito politico fondamentalista islamico e, attualmente, principale forza politica palestinese nella striscia di Gaza dopo la vittoria nella resa dei conti militare con i sotenitori di Al Fatah, il vecchio partito di Yasser Arafat che aveva guidato la resistenza palestinese e l’Autorità nazionale palestinese fino ad allora, seguita alla vittoria elettorale proprio di Hamas nelle elezioni legislative palestinesi del 2006.

Quello che sta succedendo negli ultimi giorni giorni è il frutto di anni di soprusi da parte dell’entità sionista che hanno portato all’inevitabile reazione e difesa da parte del popolo palestinese con tutte le sue contraddizioni: in questo momento gran parte del movimento di resistenza palestinese ha scelto la via unitaria del fronte mettendola in primo luogo rispetto alle differenti visioni politiche che dividono le varie forze. Non possiamo illuderci che la situazione si risolva in con l’ennesima risoluzione ONU, che, se pur passasse, verrebbe ignorata dall’entità sionista come decine e decine di altre. Dobbiamo stare dalla parte dei popoli oppressi e continuare a rivendicare la Palestina libera da ogni forma di oppressione. Non possiamo neppure, purtroppo, non constatare come le vittime civili in questi giorni come negli anni e nei decenni, siano il più terribile frutto della violenza imperialista endemica al sistema di oppressione sionista.

Ogni commento di solidarietà espresso a Israele dagli stati occidentali, ogni bandiera israeliana proiettata sui palazzi simbolo delle istituzioni equivale a dichiararsi apertamente razzisti e sionisti, a legittimare ogni pratica di violenza sistemica nei confronti del popolo palestinese: insediamenti coloniali illegali, sfratti, detenzioni illegali che violano il diritto internazionale, torture, violenza nei confronti di soggetti fragili, minacce quotidiane ad attivistə, negazione di elettricità, di acqua potabile e di cibo, daspo e terrorismo psicologico. La pace in Palestina non sarà mai possibile finché il progetto coloniale sionista non avrà fine.

Tutta la nostra solidarietà va al popolo e alla lotta palestinese. Stiamo dalla parte dei popoli oppressi che si rivoltano e rispondono all’oppressore con ogni mezzo necessario.

Viva la resistenza!

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